In questi giorni ho letto tanto sui giornali locali della questione Autorità Portuale, quasi come fosse diventata di sostanziale importanza soltanto oggi. Mi piacerebbe, in questo coacervo di opinioni, più o meno corrette, più o meno condivisibili, far emergere alcuni elementi che vogliono in effetti soltanto andare ad ampliare e approfondire il dibattito, offrendo nuovi spunti di discussione.
Mi si chiederà per quale motivo mi arrogo il diritto di parlare di un tale argomento. La risposta è abbastanza semplice: per diverse ragioni familiari e lavorative, occupandomi tra l’altro di fondi europei e internazionalizzazione, mi sono spesso interessata della realtà del Porto di Messina, grande risorsa della città, ma della Sicilia e del meridione tutto. Dunque, da semplice cittadina, ma anche da tecnico, mi sono riproposta stamattina, alla lettura dell’ennesimo intervento a riguardo, di affrontare alcuni punti che in questi giorni, oserei dire mesi, non sono stati neanche sfiorati, o qualora lo fossero stati, comunque mai nei termini più tecnici. Tutti, da messinesi, conosciamo l’opportunità di sviluppo che il porto ha rappresentato per la nostra tradizione.
Nella sua storia Messina è stata “crocevia del Mediterraneo”, punto strategico di scambi di merci, luogo di accoglienza e passaggio per viandanti e viaggiatori, punto di snodo di imbarcazioni da guerra, inutile, credo, spiegarne le motivazioni, che tutti possiamo immaginare. Certo inutile ricordare i fasti del passato, molto più importante, invece, proporre delle misure finalizzate a riportare Messina tra le rotte fondamentali del mediterraneo, non consentendo lo scempio che al momento a livello nazionale viene proposto. Tutti siamo venuti a sapere che, secondo il piano di riordino delle Autorità di Sistema Portuale, l’autorità portuale di Messina verrà accorpata, perdendo la sua autonomia, bensì ad un porto forse parimenti rilevante, quello di Gioia Tauro, ma che per
caratteristiche economiche, morfologiche e soprattutto geografiche non può rappresentare gli interessi della città dello stretto. Inoltre è chiaro a tutti noi che ciò inficia la creazione di una ZES per Messina che secondo la legge è chiaramente individuata in sinergia con le autorità di sistema portuale. Chiaramente a questo punto sono necessarie alcune spiegazioni.
In primo luogo, il porto di Messina con questo nuovo sistema ridisegnato non potrà rientrare tra i porti, cosiddetti, CORE, quei nodi intermodali, che per la maggiore rilevanza per volume di traffico ed importanza strategica potranno, all’interno della Trans European Network – Transport (TEN-T), rappresentare punto fondamentali di sviluppo. Essere porto Comprehensive, in contrapposizione a Core, relegherebbe lo stretto a solo porto periferico, impossibilitato ad accedere a bandi europei, fondi, finanziamenti per miglioramenti strutturali ed ampliamenti, decisione, questa che alla luce dei numeri e delle statistiche appare quantomeno miope. Proprio questa miopia è il secondo punto sul quale fondare una motivata opposizione a questa scelta di accorpamento. Infatti, le stime ufficiali vedono il Porto di Messina in attivo nel 2016 dopo anni di depressione, al contrario registrano un trend opposto per il porto di Gioia Tauro che proprio in questi ultimi anni sta vivendo un calo, dovuto all’incertezza causata dai dissidi con una delle principali società che operano sull’area. Il rischio nell’accorpamento sarebbe proprio quello di vedere fagocitati i risultati positivi di Messina, per coprire le perdite della città calabrese? Infine, un punto che appare forse ancora più tecnico, per lo meno di cui non ho letto in questi giorni, ma che rappresenta uno dei principali punti di forza, ponendosi come la migliore prospettiva per Messina e la sua rotta è il raddoppio del canale di Suez, che chiaramente sta favorendo un aumento esponenziale dei traffici mercantili. E consentirà al Porto di Messina ed alla città tutta di porsi come interlocutore preferenziale per i paesi transfrontalieri e rivieraschi del sud del Mediterraneo, consentendo alla città dello stretto di tornare a svolgere il proprio tradizionale ruolo strategico. Alla luce di quanto, seppur rapidamente mi sono proposta stamattina di affrontare, sarebbe necessario che i nostri governanti richiedessero una modifica ben motivata del decreto sulla Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina sulle Autorità portuali secondo quanto esplicitamente affermato dal decreto stesso all’art. 7 comma 2 Bis del nuovo Decreto Legislativo 169 del 4 agosto 2016 che ha avviato la riforma portuale. Il testo approvato in via preliminare comprende tre punti, che riguardano una nuova classificazione dei porti, l’adeguamento delle funzioni del presidente delle Autorità di Sistema Portuale e i comitati di gestione delle stesse ASP. Il decreto stabilisce tre categorie di porti: quelli finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato; quelli commerciali di rilevanza internazionale o nazionali costituenti nodi delle grandi reti dei
trasporti e della navigazione; quelli di rilevanza interregionale e regionale nei quali le Regioni esercitano funzioni gestorie. Con l’adeguamento delle funzioni, il presidente dell’ASP riceve anche quelle che prima della riforma erano svolte dall’ente gestore. Una nota del ministero dei Trasporti precisa che con la modifica “il presidente adotta il Piano dell’organico del porto dei lavoratori delle imprese di cui agli articoli 16, 17 e 18 della legge 84/94 sulla base dei piani di impresa, degli organici e del fabbisogno lavorativo comunicati da dette imprese”. A queste si aggiungono le funzioni che il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale può adottare per quanto riguarda le politiche attive del lavoro “indirizzate a migliorare i fattori di criticità del mercato del lavoro tramite dei piani”. Tali piani, aggiunge il ministero, hanno per oggetto la formazione professionale per la riqualificazione o la riconversione del personale interessato o eventuali misure di sostegno al reddito per accompagnare , per un periodo massimo di cinque anni, i lavoratori interessati ai trattamenti previdenziali di Legge.
Infine, il Decreto approvato l’8 settembre estende Decreto Legislativo numero 39 dell’8 aprile 2013 al Comitato di gestione dell’ASP: “È previsto che ai membri del Comitato di gestione si applichino le disposizioni vigenti in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico.
Nancy De Leo